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Il sonno influenza la qualità della vita

Una funzione indispensabile come bere e mangiare

 

Trascorriamo un terzo della nostra vita dormendo, ma non sappiamo esattamente perché dormiamo. Quello che sappiamo è che il sonno è una funzione indispensabile come bere e mangiare, non solo per l’uomo, ma anche per gli animali, anche se il fabbisogno di sonno varia da specie a specie, tendendo a dormire maggiormente le specie piccole. Da sempre oggetto di interesse soprattutto da parte di filosofi, scrittori, artisti, psicologi, a volte interpretato come un momento di vita perso, al meglio come un momento necessario per recuperare le nostre energie, negli ultimi 90 anni è stato possibile effettuare anche una ricerca scientifica sul sonno, soprattutto dopo la prima registrazione elettroencefalografica da parte di Hans Berger nel 1929. Negli anni si è compreso sempre più che il sonno non è un momento passivo, anche se il soggetto rimane immobile e non in contatto con l’ambiente, ma è una parte della nostra giornata, in cui si svolgono numerosissime funzioni.

 

Durante il sonno avvengono numerosi processi, tra cui la riparazione dei danni tissutali, la selezione e il consolidamento della memoria, la produzione di numerosi ormoni, quali l’ormone della crescita, indispensabile per lo sviluppo psico-fisico dei bambini, della leptina, che regola il nostro senso di sazietà ed il nostro metabolismo. Se non sappiamo ancora perché dormiamo, è esperienza di tutti che anche una sola notte insonne causa il giorno seguente sonnolenza, riduzione dell’attenzione e della capacità di concentrazione, deficit di memoria, irritabilità o umore depresso, ridotta performance al lavoro o a scuola. Un deficit cronico di sonno ha, a sua volta, importanti ripercussioni sulla salute, poiché è responsabile di una ridotta aspettativa di vita, causa malattie cardiocircolatorie come infarto ed ictus, ipertensione, infiammazione, obesità, diabete, scarsa tolleranza al glucosio, disturbi psichiatrici quali ansia e depressione. Il fabbisogno di sonno non è uguale per tutti, infatti la maggior parte delle persone ha bisogno di 7-8 ore per sentirsi ristorati, alcuni hanno bisogno di 5-6 ore (brevi dormitori), mentre altri necessitano di 10 ore (lunghi dormitori).

 

Anche i ritmi sonno-veglia sono differenti: i più dormono tra le ore 23 e 7 del mattino seguente, alcuni hanno la necessità di dormire presto (allodole), mentre altri riescono a prendere sonno solo a notte inoltrata (gufi). Il parametro, che ci permette di giudicare, se abbiamo soddisfatto il nostro fabbisogno di sonno, è come ci si sente al risveglio: se ci sentiamo in forma e capaci di affrontare la giornata senza disturbi, possiamo dire che il nostro sonno è stato sufficiente. Il sonno, comunque, non deve essere giudicato solo in termini quantitativi, cioè per quante ore abbiamo dormito; anche una alterazione qualitativa, come quando si ha un sonno superficiale o frammentato da microrisvegli ed arousals, è responsabile di un sonno non ristoratore. Quindi sia una alterazione quantitativa che una alterazione qualitativa del sonno può avere ripercussioni sia sulla qualità della giornata che sulla nostra salute. L’eccessiva sonnolenza diurna, che ne consegue, è sicuramente il fattore che maggiormente pregiudica una buona performance lavorativa e scolastica ed è causa di incidenti sia sul lavoro che sulle strade.

 

Alla sonnolenza si associano, generalmente, la tendenza al colpo di sonno e microsleep, distrazione e disattenzione, ridotte capacità di reazione, errata valutazione del rischio. Si stima che in Europa l’eccessiva sonnolenza sia la seconda causa di incidenti stradali, preceduta dall’eccessiva velocità e seguita da disattenzione, malori, uso di farmaci, alcol o droghe. Purtroppo nelle nostre giornate H24 tendiamo sempre più a ridurre le ore dedicate al sonno. Negli ultimi 50 anni la tendenza a vivere giornate di 24 ore ha determinato una riduzione media di sonno di 1,5-2 ore al giorno a persona. Secondo i dati riportati da uno studio della National Sleep Foundation, mentre nel 1998 il 35% della popolazione americana dormiva circa 8 ore, a distanza di 7 anni, nel 2005, la percentuale si era ridotta al 25%, confermando una generale tendenza a ridurre le ore dedicate al sonno. Le categorie maggiormente esposte ad una deprivazione di sonno sono i giovani, a causa delle loro abitudini sociali, ed i turnisti, che associano frequentemente anche una alterazione del ritmo sonno-veglia. Vari studi hanno ormai dimostrato che la cronica riduzione di sonno è tra le cause dell’epidemia di obesità, che sta interessando i Paesi industriali.

 

Non dormire significa ridurre la nostra produzione di leptina, ormone che ci dà il senso di sazietà, mentre si produce grelina, che aumenta il nostro senso di fame. È, inoltre, dimostrato che chi non dorme tende ad avere un’ alimentazione più ricca di carboidrati per compensare la stanchezza che la riduzione di sonno determina. Quindi, per dimagrire e vivere in forma, non è solo necessario svolgere attività fisica ed avere una alimentazione corretta, ma è anche indispensabile un sonno di qualità.



Dr. Antonio Marinelli - Farmacista

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