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La Malattia di Parkinson

L’evoluzione variabile da persona a persona. Vanno programmati interventi individualizzati.
Riabilitazione come terapia preventiva.

 

La malattia di Parkinson anche nella persona anziana si manifesta all’esordio prevalentemente con i segni ed i sintomi descritti dal farmacista inglese James Parkinson nel 1817: bradicinesia (lentezza e faticabilità nell’inizio e nell’esecuzione dei movimenti volontari), rigidità muscolare (aumento del tono muscolare apprezzabile come una resistenza continua), tremore a riposo (tremore nelle porzioni distali degli arti, accentuato dallo stress emotivo). Ne consegue un disturbo del cammino, caratterizzato da andatura a piccoli passi, atteggiamento “piegato” del corpo in avanti, e, talora, instabilità con rischio di caduta.

 

L’IMPORTANZA DELLA COMUNICAZIONE

La malattia di Parkinson rappresenta una delle patologie degenerative più frequenti nelle persone anziane; infatti aumenta progressivamente nella popolazione ultrasessantacinquene.

La diagnosi di malattia di Parkinson, che è connessa ad inevitabili preoccupazioni legate alla disabilità, richiede un approccio clinico e strumentale, necessario per programmare interventi terapeutici (farmacologici e non farmacologici) individualizzati.

Al termine delle procedure diagnostiche è fondamentale la comunicazione della diagnosi spesso difficile, poiché implica anche una prognosi, cioè un indicazione sul futuro della malattia. In particolare, quali problemi si prospettano per le terapie, quali modalità di approccio al disturbo motorio ed agli eventuali problemi psicologici, somatici, di autosufficienza?

Su questo tema esiste ancora oggi un atteggiamento di prudenza, anche perché l’evoluzione della malattia è variabile da persona a persona.

È perciò importante stabilire cosa, ma soprattutto come, comunicare, sia al malato sia ai familiari.

 

UNA FAMIGLIA BEN INFORMATA: BENEFICI PER IL PAZIENTE

Per instaurare un completo rapporto di fiducia familiari e paziente devono comprendere che esiste chi li seguirà nel tempo e li aiuterà ad affrontare gli inevitabili cambiamenti ed a ridurre la sofferenza. Inoltre una comunicazione non “pietistica” serve per predisporre, insieme alla persona ammalata, un programma di interventi anche non farmacologici.

È importante convincere la persona e la sua famiglia che è possibile fare molto per cambiare i percorsi della malattia. È dimostrato, infatti, che una famiglia informata, che ha accettato fin dall’inizio ed ha deciso di affrontare serenamente il decorso della malattia, ha un importante effetto benefico anche sul malato: chi ha la fortuna di avere familiari comprensivi e ben informati vive più a lungo e meglio, nonostante il decadimento funzionale, e rimane più a lungo nella propria casa.

 

ATTIVITÀ FISICA E FISIOTERAPIA

La progressione della malattia induce un aggravamento dei sintomi motori, che, nel tempo, possono portare ad immobilità. Questo fenomeno può essere contrastato dalla terapia farmacologica dopaminergica, meglio se associata ad un trattamento fisiokinesiterapico. È dimostrato, infatti, che l’attività fisica regolare e la fisioterapia hanno un evidente beneficio in tutte le fasi della malattia.

In passato la riabilitazione veniva prescritta solo quando la persona era divenuta disabile, mentre ora si intende come una terapia preventiva, soprattutto allo scopo di mantenere il trofismo muscolare e ridurre il rischio di caduta. Infatti, con il progredire della malattia e dell’età, aumenta la frequenza di fratture dell’anca. Il risultato della fisioterapia è migliore quando vengono utilizzati strumenti specifici di ausilio del cammino, attraverso stimoli che facilitano la frequenza del passo: uditivi (rumori ripetitivi attraverso un auricolare), visivi (lampi luminosi ottenuti da un diodo posizionato su occhiali) o somatosensoriali (vibrazioni pulsate da un cilindro in miniatura posto su una polsiera). Dopo avere ottenuto il beneficio con gli interventi fisioterapici, bisogna mantenersi in allenamento per non perdere i benefici acquisiti: proseguire quotidianamente gli esercizi al domicilio, esercitare il passo ed aumentare la durata delle camminate hanno un positivo effetto di mantenimento del tono e trofismo muscolare, oltre che dello schema motorio del passo.